VOUCHER: quali alternative per le aziende?

Finita l’era dei voucher, aboliti da un recente decreto, ci si chiede adesso come fare per assicurare i lavoratori occasionali. Non esiste, al momento, una norma che disciplini appositamente il contratto di lavoro occasionale accessorio. Col vuoto normativo che si è creato, in molti corrono il rischio di “cadere” nel lavoro nero: tuttavia, bisogna sapere che esistono delle altre forme contrattuali. Di seguito analizzeremo una possibile opzione per le aziende che intendono utilizzare saltuariamente dei lavoratori per prestazioni di breve durata: il contratto di LAVORO INTERMITTENTE O “A CHIAMATA”.

Lavoro intermittente o “a chiamata”

Senza scendere nei particolari della disciplina, possiamo dire che questo è il contratto con cui un lavoratore si rende disponibile a svolgere una determinata prestazione su chiamata del datore di lavoro.

Esistono due distinte tipologie contrattuali di lavoro a chiamata:

  • in una il lavoratore ha l’obbligo contrattuale di rispondere alla chiamata del datore di lavoro e ha diritto a un’indennità per i periodi di disponibilità obbligatoria;
  • nell’altra non ha l’obbligo di rispondere alla chiamata, ma non ha diritto ad alcuna indennità in assenza di rapporto.

 

Per quali lavoratori si può utilizzare?

Il lavoro a chiamata è ammesso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate:

Il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un massimo di 400 giornate effettive nell’arco di 3 anni, ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.

Se il numero di giornate viene superato il contratto a chiamata si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Inoltre, il contratto intermittente può essere stipulato solo da lavoratori:

  • con almeno 55 anni di età, anche pensionati;
  • che non abbiano ancora compiuto 24 anni; in questo caso le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro i 25 anni.

Quali obblighi ha il datore di lavoro?

L’assunzione del lavoratore a chiamata deve essere comunicata nelle forme ordinarie ai servizi per l’impiego della propria Regione. Inoltre, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni inferiori a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a inviare una comunicazione all’Ispettorato del lavoro competente per territorio, utilizzando il modello “Uni-intermittente“, via web, mail, app o sms.

E in busta paga?

Il trattamento economico del lavoratore a chiamata è uguale a quello di un qualsiasi lavoratore dipendente, ma è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita (salvo i casi in cui sia dovuta un’indennità per garantire la disponibilità al datore): nel dettaglio, il lavoratore ha diritto a una retribuzione oraria maggiorata delle quote di mensilità aggiuntiva.

Conviene utilizzare il contratto “a chiamata”?

A livello di costi, il lavoro a chiamata è sicuramente meno conveniente dei voucher, in quanto al costo orario si aggiungono le maggiorazioni contrattuali relative alle mensilità aggiuntive; inoltre, durante il periodo di lavoro, come per tutti i dipendenti maturano tfr e ratei ferie-permessi retribuiti.

Per il lavoratore, però, almeno per i periodi di effettiva attività, sono previste le stesse tutele applicate alla generalità dei dipendenti, relativamente alla disoccupazione, alla malattia e alla maternità. Queste tutele, invece, non erano previste per i lavoratori retribuiti con i voucher.

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